Racconto di un viaggio a Cuba: il libro Cuba Resiste

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“Cuba Resiste. Reportage da un Paese che cambia, ma resta fedele alle sue radici” (Infinito Edizioni), del giovane giornalista e scrittore Massimiliano Squillace, nato a Milano nel 1997, è molto di un reportage giornalistico o di una guida turistica: è il racconto di un viaggio in quello che senz’altro è il più famoso Paese dei Caraibi, sia per la sua natura e il suo mare meravigliosi, ma soprattutto per la sua impronta nella storia e nella cultura di massa.

Questo naturalmente per via della Rivoluzione, dell’assai mitizzato Ernesto (Che) Guevara – di cui ben conosciamo le magliette con il suo ritratto, esibito come fosse una bandiera di libertà, come aveva fatto anche Squillace da adolescente – e di Fidel Castro, un personaggio del quale sono note e ammesse maggiori “ombre” rispetto al “Che”, il cui assassinio in Bolivia nel 1967 a soli 39 anni e nel pieno della sua avvenenza fisica universalmente riconosciutagli, rimane ancora un mistero.
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Il protagonista torna a Cuba dopo dieci anni nel 2016, anno in cui Fidel Castro muore, dopo essersi ufficialmente dimesso dal potere nel 2008, lasciando il testimone al fratello minore Raùl.

Il giovane trova l’isola cambiata in meglio: la musica, che peraltro a Cuba si può ascoltare ovunque, magari accompagnata dai famosi balli caraibici, è più libera, tanto che egli può assistere a L’Avana ad un concerto dei Rolling Stones, la cui musica, il rock n’rock, era stata vietata per anni in quanto vista come simbolo del capitalismo e dell’imperialismo americano, sebbene Mick Jagger e la sua band siano inglesi. Era messa al bando anche la musica della band britannica per eccellenza, i Beatles, benchè non disdegnata dai vertici del regime cubano. Fidel Castro cominciò finalmente ad apprezzarla, quando comprese meglio la figura di John Lennon, idealista “come lui”, e non certo “allineato” con la politica americana: il capo di Stato cubano arrivò a ritenerlo “rivoluzionario”, come da molti è ritenuto anche oggi. Agli Stones, dopo tanta esitazione da parte del governo latino-americano, fu permesso di esibirsi perché a Cuba non portavano messaggi politici – messaggi che potessero infastidire il governo – ma facevano solo intrattenimento.

Inoltre viene dato atto a Fidel di aver garantito un’istruzione e una sanità gratis alla popolazione, corrente elettrica in casa, pane per tutti – i poveri non muoiono di fame – e di aver reso l’isola il Paese più sicuro dell’America Latina: parola delle Nazioni Unite – invece rimangono quanto meno riserve sul rispetto dei diritti umani, sul problema dei traffico di droga e sulla prostituzione, anche se, altro merito di Fidel, cercò di debellarla –.

Nonostante i cambiamenti di Cuba, i cubani sono sempre gli stessi: con il loro sorriso sincero, la loro sincera commozione come quella che hanno dimostrato proprio in occasione della scomparsa del Lider Maximo, anche se magari vi si opponevano politicamente; il loro calore – ricorrenti sono i “Mi amor” e “Mi vida” per chiamare le persone – e la loro “fisicità” nei rapporti umani, alla quale noi siamo meno abituati e il loro amor patrio unico, motivo della commozione, anche da parte dei dissidenti, per la morte di Fidel, sentito comunque un grande personaggio della loro storia e naturalmente della storia in generale. Per tali motivi e per molti altri, Massimiliano Squillace dichiara che “nessun posto” gli ha “rubato l’anima” come Cuba.

Il Paese viene percorso in lungo in largo dal protagonista, che vista naturalmente visita gli stessi luoghi dell’autore: è partito da Lisbona e, dopo aver fatto scalo a Mosca perché lo trovava più economico, arriva a L’Avana, dove noleggia un’ auto, poi si sposta in bus ma anche a piedi, per concludere su una macchina d’epoca – come quelle che ci aspettiamo di vedere a Cuba – datata 1946.

Visita Guantanamo, famosa nel mondo per il super-carcere statunitense di Guantanamo Bay, in cui sono rinchiusi sospetti terroristi islamici e terroristi già condannati, e per la canzone “Guantanamera”, che parla di una giovane e bella contadina che lavora nella baia: pochi sanno che, per i cubani, questo brano è una specie di inno nazionale, che si dice scritto in parte da uno dei padri della patria, Josè Martì, che nell’Ottocento pagò con la vita la propria lotta per l’indipendenza di Cuba dalla Spagna.

Altra località famosa è Varadero, molto nota ai turisti che si recano nell’isola, ma il protagonista della storia – e l’autore stesso –, visiterà anche le città di Cinefuegos, Trinidad, Gibera, Santa Clara e Santiago, nei pressi della quale troverà l’uomo che si è proposto di cercare: Nelson, un cubano tornato dalla Germania e padre di Kira – Franziska, una ragazza incontrata dal viaggiatore italiano in un locale di Lisbona e di cui si è innamorato.

Li lega una collana con una piramide di pietra azzurra che il padre ha donato a Franziska quando lei aveva appena cinque anni, prima di ripartire per Cuba dopo il fallimento del matrimonio con la madre della piccola. L’ex moglie aveva cercato di mettergli contro la figlia e gli aveva impedito di vederla, ma Nelson, sbagliando, aveva deciso di tornare in patria soprattutto a causa del fallimento della sua attività, per via di un socio disonesto. Kira – Franziska si toglierà per la prima volta la collana e la donerà al protagonista, perché sia un riconoscimento nei confronti del padre che non vede da molto tempo: lei aveva raccontato che era tornato in Germania per un problema di visto, ma i motivi erano più profondi e dolorosi.

Un libro che ci sentiamo fortemente di consigliare per conoscere meglio o per amare ancora di più la meravigliosa Cuba.