Visitare Amalfi. Storie, Tradizioni, Curiosità

cosa-vedere-amalfi

Chi non l’ha mai vista forse ha delle difficoltà a capire, il più delle volte le parole non bastano per descrivere le emozioni che suscita la Costiera Amalfitana: roccia, mare, pareti a strapiombo, borghi arroccati che vengono  comunemente chiamati “paesi presepe”, eleganti ville immerse nel verde. Il tutto percorso da una sola strada tortuosa, ricavata dalla roccia: la statale 163.

La Costiera Amalfitana

costiera amalfitana

Numerose le località, alcune di fama internazionale, una di queste è Amalfi, pittoresco borgo di pescatori posizionata tra la montagna ed il mare quasi al centro della costiera  a cui dà il nome.  Nel Medioevo fu uno dei più importanti centri economici del Mediterraneo e, successivamente con Genova, Pisa e Venezia, fu una delle quattro Repubbliche marinare. A ricordo di quello che Amalfi ha rappresentato sono gli antichi arsenali dove vi lavoravano i maestri d’ascia: qui, infatti, si realizzavano le famose galee con oltre 100  remi, destinate ai commerci con l’Oriente.

Le Repubbliche Marinare e la Regata

Negli anni Quaranta del XX secolo nacque l’idea di una manifestazione che potesse rievocare le imprese delle Repubbliche Marinare, dopo alcuni anni, precisamente nel dicembre del 1955 ad Amalfi venne redatto l’atto costitutivo dell’Ente Regate. Da quella data la manifestazione si ripete ogni anno, a turno, presso ciascuna delle quattro città ex repubbliche, dando vita ad un corteo storico ed una gara di imbarcazioni.

amalfi-regata

Cosa vedere ad Amalfi

Ma Amalfi è anche l’imponente Duomo, dedicato a Sant’Andrea e situato sulla sommità di una scalinata. Rimaneggiato più volte, presenta vari stili architettonici, dal gotico al romanico amalfitano, al moresco. Da non perdere, adiacente al Duomo, il Chiostro del Paradiso, gioiello del 1268, anticamente era utilizzato come cimitero per i cittadini più illustri. La cripta contiene quelle che si ritengono essere le reliquie di S.Andrea, rubate all’inizio del 1200 durante la quarta crociata a opera dei veneziani. Le reliquie sono molto venerate, in quanto due volte l’anno la tomba del Santo trasuda un liquido conosciuto come ” manna di S.Andrea ” che, si dice, abbia proprietà miracolose. Il primo evento è il 27 giugno, giorno in cui per intercessione del Santo, Amalfi venne risparmiata da un attacco di pirati, il secondo è il 30 novembre, anniversario della morte di S.Andrea.

La Carta di Amalfi

Sin dall’antichità la cittadina è famosa per la lavorazione della carta, considerata tra le migliori al mondo, carta sfrangiata ai bordi che indica  lavorazione manuale foglio per foglio. È probabile che gli amalfitani abbiano imparato la tecnica dagli arabi: è un tipo di carta ottenuta da stracci, non dalla pasta di legno, nota come “bambagina”, nome proveniente da una alterazione della città araba El Marubig, dove , per la prima volta, venne perfezionata la tecnica di utilizzare ritagli di cotone, canapa e lino per produrre carta.

Oggi questo tipo di carta è ancora usata dal Vaticano per la corrispondenza ufficiale.

La Sfogliatella nacque ad Amalfi

Sulle alture di Amalfi, esattamente tra Furore e Coca dei Marini, vide per la prima volta la luce, nel monastero di Santarosa, la famosissima sfogliatella, dolce tipicamente partenopeo.

sfogliatella

Un giorno di oltre 400 anni fa, la suora addetta alla cucina si accorse che era avanzata un po’ si semola cotta nel latte. Buttarla non era neanche pensabile, quindi ci gettò dentro un po’ di frutta secca, zucchero e liquore di limone, ma doveva preparare l’involucro, quindi realizzò due sfoglie di pasta con l’aggiunta di strutto e vino bianco e nel mezzo mise il ripieno, sollevò la sfoglia superiore dandole la forma di un cappuccio di monaco.

A questo dolce venne ovviamente dato il nome della Santa a cui era dedicato il monastero: Santarosa. Ma un dessert così delizioso non  poteva rimanere isolato in quel luogo, anche se impiegò moltissimi anni per percorrere i 60 chilometri tra Amalfi e Napoli. Qui, vi arrivò ai primi dell’800  per merito dell’oste Pasquale Pintauro: non è noto per quali vie l’uomo entrò in possesso della ricetta originale, si sa però che a partire dal 1818 l’oste divenne pasticcere e la sua osteria un laboratorio dolciario. Non si limitò a diffonderla, ma la modificò eliminando la crema pasticcera e l’amarena e, sopprimendo la protuberanza a cappuccio di monaco.

Era nata la sfogliatella, la sua varietà più famosa ” la riccia” di forma triangolare formata da una pasta sfoglia a strati fittissimi con ripieno di semola, ricotta, caditi, uova e zucchero. Dalla “riccia” nacquero altre varietà. la cosiddetta “frolla“, di forma tonda, ottenuta con pasta frolla molto soffice e con lo stesso ripieno della riccia.

La Santarosa, nata nel convento, presenta sottili sfoglie sovrapposte e forma di conchiglia, ripeina di crema pasticcera e guarnita da una crema di amarene. Oggi le Santarosa sono anche chiamate  vezzosamente “le monachine”. Per ultimo la sfogliatella a coda d’aragosta: si presenta come una sfogliatella riccia più grande e allungata (come la coda di un’aragosta) farcita con panna o cioccolato o crema chantilly; ma attenzione: non addentate troppo avidamente la sfogliatella appena sfornata perché se la sfoglia è calda, il ripieno è sicuramente rovente!